venerdì 4 aprile 2025

VENNE IL GIORNO 13° CAPITOLO

 Scritto interamente da Zorzella Fernando

Presentato a puntate qui su face book.

Tutto nel romanzo è inventato e frutto di fantasia.

DIVIETO ASSOLUTO DI COPIARLO O RIPRODURLO

TESTO:

13° PUNTATA

Si! A molte miglia marine dalla Libia da una barca privata si stava staccando un gommone con a bordo Jerard, un giornalista d’assalto francese che aveva scommesso il tutto per tutto per riuscire a realizzare un vero scoop sensazionale su ciò che stava succedendo in Libia.

Finanziato da una serie di testate giornaliste di controinformazioni, aveva pagato il privato che lo aveva accompagnato fino li in barca, aveva comprato un gommone piccolo e veloce e aveva fatto un po’ di scuola di guida in mare aperto.

Si, perché per arrivare alla spiaggia in cui Jerard voleva ammarare ce n’era di mare da navigare. Le onde alte ed impetuose non lo fermarono, comunque, e sicuramente tutto bagnato, ma sano e salvo riuscì a raggiungere la costa più vicina a Tripoli.

Abbandonato il gommone, senza lasciare tracce che potessero condurre a lui, con la sola forza delle sue gambe si diresse verso la città, e grazie a vari passaggi riuscì ad andare davanti la casa di un amico che conosceva da tempo.

Vedendolo questo amico, capì subito che Jerard aveva fatto una pazzia, così lo accolse subito in casa, lo fece asciugare, vestire con abiti freschi ed asciutti e lo rinfucillò.

Sapendo che Jerard era un giornalista era chiaro capire cosa era andato a fare, così l’amico si rese disponibile a spiegare tutto quello che succedeva e a nasconderlo in caso di bisogno.

Jerard fu subito investito di notizie fresche.

I Libici non sapevano esattamente chi fosse questo Vancovar, ma lo  apprezzavano. I più pensavano che fosse finanziato dagli americani.

L’operazione di pulizia delle strade dalla violenza stava funzionando veramente, le rappresaglie e le scorribande venivano sedate velocemente, i tumulti del popolo, ormai quasi inesistenti e stavano scomparendo anche i capi dei terroristi delle varie fazioni contro il Rais.

La Libia, seppur con una certa violenza cominciava veramente a migliorare.

Si! Quello che comunque alla gente non andava tanto giù era la violenza con cui questo esercito interno formato da Libici e da soldati che non erano di certo Libici, andavano giù un po’ troppo pesante.

Tanto che le persone fermate e accusate di qualsiasi reato, piccolo o grande che fosse, sparivano. Si!! Avete capito bene sparivano e non se ne sapeva veramente più niente.

Jerard pensò che magari si trovavano in un carcere di massima sicurezza, ma la risposta dell’amico fu negativa.

Chi veniva preso spariva.

La gente sana e comunque chi non creava problemi si ritrovava in mano sempre più soldi da spendere, soldi che non erano derivanti solo dai lavori che venivano svolti.

Certo, anche il lavoro era aumentato, ma la quantità di soldi in circolazione non era normale. L’amico di Jerard parlò anche dei mastodontici lavori che si stavano facendo ai confini della Libia. 

Erano iniziati gli scavi per quello che a tutti gli effetti sembrava un futuro bacino di acqua, un lago artificiale che avrebbe dovuto correre lungo tutto il perimetro della Libia.

Ma per metterci dentro cosa?

A cosa poteva servire un canale che avrebbe permesso la navigazione anche a piccole chiatte? Se serviva per l’acqua da dove sarebbe arrivata tutta quella acqua visto che la Libia non aveva fiumi o torrenti che potesse alimentarlo.

Jerard, attese con pazienza l’arrivo di un nuovo giorno, e poi ben riposato e vestito con abiti del posto, si mise a passeggiare per Tripoli per vedere con i suoi occhi piccoli scorci del cambiamento.

Non fece domande a nessuno.

Entrava nei bar e ascoltava la gente che parlava tra loro, passeggiava lentamente per scoprire cosa poteva dirsi le varie persone e se trovava un qualche gruppo di Libici che dialogava animatamente a voce alta, rimaneva li ad ascoltarli.

Ad un certo punto si imbatte in una pattuglia di militari mista Libici – Allieni. Naturalmente i Libici non sapevano la vera natura dei colleghi.

Jerard notò subito, la differenza della grossezza e la possenza del fisico dei militari allieni. 

Erano veramente prestanti rispetto i normali militari Libici.

E le armi in ordinanza erano diverse.

Gli alieni avevano armi modernissime rispetto ai libici.

Rimanendo li ad osservare, notò che ad un certo momento, salirono velocemente nella loro camionetta e corsero via veloce.

Così, Jerard, che aveva intenzione di vederci bene dentro, prese una moto lasciata incustodita con le chiavi inserite nel cruscotto e corse dietro ai militari.

Questi arrivarono ad una banca, dove era in corso una rapina.

La gente all’esterno, era tutta accalcata lontano dalla banca per osservare ciò che stava succedendo.

Questo era il momento per Jerard di fare qualche foto.

Infatti, grazie ai vetri trasparenti della banca si vedeva bene tutto, ma soprattutto si vedevano bene i fasci luminosi che partivano dai fucili e dalle pisto dei militari non Libici.

Non erano di certo armi convenzionali.

I sequestrati furono tutti liberati e i militari riuscirono a prendere anche questi ladri che presero e fecero salire sulla loro camionetta.

A questo punto Jerard li seguì ancora, sicuro che sarebbero andati al più vicino carcere di Tripoli. ……………. Invece No!

I Militari uscirono da Tripoli in direzione Sabha, una città in pieno deserto.

Sicuro di volerci vedere bene fino in fondo, Jerard continuava a seguirli, fino a quando il portellone posteriore della camionetta si aprì e cominciarono a sparare delle vere e proprie mitragliate laser, verso Jerard.

Spaventato, prese e frenò la moto subito. Impossibile quello che aveva visto.

Sembrava di aver assistito a una di quelle sparatorie che si vedevano nei film di Star War quando i soldati si sparavano tra di loro.

Jerard fotografò bene tutto, soprattutto la terra dove erano caduti questi fasci laser che appariva bruciata.

Ma da dove venivano armi del genere?

A questo punto desistette e se ne ritornò indietro verso casa, per oggi si era esposto molto.

Nei giorni che seguirono, Jerard, cercò di essere presente, tutte le volte in cui pubblicamente Vancovar, si faceva vedere in pubblico e si concedeva alla folla, rimanendo sbalordito nel vedere che la gente lo acclamava e che le persone più vicine cercava un contatto fisico con lui, magari stringendogli una mano o cercando un abbraccio, quasi come se fosse un amico.,

La gente riconosceva in Vancovar la loro guida.

Una guida che era effettivamente a tutti gli effetti saltata fuori dal nulla.

Siccome, però, parlava al cuore della gente, parlava di lavoro, di sviluppo, di rinascita di una nuova Libia per la gente onesta e per i Libici che guardano al futuro, la gente lo amava.

Si lasciava anche scappare discorsi legati al fatto che in tempi non lontani a nessuno sarebbe mancato di che vivere bene senza l’uso del denaro.

Una società senza denaro? Ma come era possibile?

A Jerard tutto questo puzzava molto, più di un pesce in putrefazione.

Per cominciare c’è da dire che nessuno ottiene un clima del genere in uno stato del genere senza una repressione cruenta e sanguinosa.

Quindi, se tutte le persone pericolose prese fossero dentro i carceri, ci saranno stati i carceri pieni. Con grossi problemi di sicurezza, di vivibilità.

Sicuramente all’interno dei carceri chissà quali terribili torture avranno dovuto subitre i carcerati. Così decise di andare, proprio al cercere di Tripoli per vedere la situazione.

Arrivato davanti al carcere, lo osservò dall’esterno, cercando di capire se dall’interno provenissero rumori o cosa.

Il problema che da subito saltò all’occhio che: davanti al carcere non c’era nessuna guardia, le finestre fronte strada avevano tutte le luci spente, e la cosa più strana è che non si sentiva volare una mosca all’interno.

Così si recò al portone d’ingresso, che si trova in un lato diverso da dove si era fermato lui, e lo trovò aperto.

Aperto?

Il portone di un carcere completamente aperto? Ma cosa stava succedendo?

Sicuro che si sarebbe preso una fucilata nel petto, ma con il desiderio di capire cosa stava succedendo tipica di un giornalista d’assalto a passi felpati, uno dopo l’altro, entrò da quel portone.

Passo dopo passo ad un certo punto si rese conto che era al centro del cortile del carcere e non era stato fermato da nessuno.

Nessuno di nessuno.

Il carcere sembrava vuoto.

Con la stessa lentezza si avvicinò ad una porta che permetteva l’entrata effettiva alla struttura e vi entrò.

Ora era certo se qui ci fosse stato qualcuno era morte sicura. Invece, niente.

Nessuno di nessuno.

Cominciò allora a prendere coraggio e si mise a girare le varie stanze, una dopo l’altra, corridoio dopo corridoio, tutto era vuoto.

Vuoto e ben tenuto anche. Ma dove erano andati tutti?

La popolazione carceraria dove era andata? Dove era stata portata?

Occorreva assolutamente vederci chiaro.

Uscì di tutta fretta e se ne andò a casa dell’amico a raccontare tutto.

Ora, se tutti i carcerati fossero stati portati in una struttura lontana dalle città, in zona desertica, di sicuro ci sarà in mezzo al deserto questa struttura.

Quindi, decise che all’indomani sarebbe ripartito percorrendo la strada fatta qualche giorno prima dalla camionetta che aveva inseguito per capire bene dove andava.

Si preparò bene per il viaggio, perché portò via quantità di benzina sufficiente per non rimanere a piedi con la moto e generi di prima necessità per affrontare bene il deserto.

Preparato tutto all’indomani, partì alla buonora.

Viaggio veloce con la moto, sicuro che prima di sera avrebbe avuto delle risposte in mano.

I Km passavano inesorabilmente sotto le ruote, le ore passavano ed il deserto non è un ambiente ospitale.

Possibile che non si arrivasse mai? Possibile?

Eppure era quella la direzione tenuta dalla camionetta.

Era stanco, seppur ogni tanto si fermasse le forze gli stavano mancandon finchè …………………..

Una brusca frenata lo svegliò dal torpore che lo stava attanagliando e ciò che vedeva lo spaventò. Un senso di paura lo prese.

Una mano sembrava che lo stringesse al collo.

Davanti a lui c’era un canale talmente grande che dire “grandissimo” non rendeva l’idea. Era grande, era profondo.

Era indescrivibile.

Lungo tutto il canale dal lato dove non si trovava Jerard c’era una montagna di terra e sabbia altrettanto incredibile.

Ci potevano navigare dentro delle navi, ma che dico navi le petroliere da quanto era grande, ma senza tante difficoltà.

A piccoli passi Jerard, si avvicinò sempre di più e noto, un’altra cosa incredibile, ovvero che le pareti di questo canale erano cementificate.

Una cosa impressionante, questa gente, stava realizzando in pieno deserto un canale cementificato di dimensioni, si può dire bibliche, veramente assurdo.

Ancora, si notava che sul fondo già l’acqua stava affluendo nel canale, ma da dove? Da dove sarebbe arrivata tutta questa acqua?

Jerard, ancora una volta, con un zaino pieno di quesiti a cui dare risposta prese la moto e rifece la strada del ritorno per ritornare dal suo amico. 

In una Libia, completamente chiusa a riccio, dove non arrivava più niente dall’esterno, e dove perfino i vari rappresentanti diplomatici delle varie nazioni erano stati fatti uscire dal territorio, per gli abitanti di Tripoli, destò scalpore l’arrivo in sordina di una delegazione italiana.

Delegazione, che non si capì bene, da dove e come era arrivata, si sapeva solo che era un’azienda italiana con cui la Libia avrebbe molto collaborato.

Jerard, molto interessato alla cosa, cercò di capire cosa stava succedendo, e riuscì ad arrivare all’albergo preciso dove Vancovar avrebbe dovuto ricevere Nicola ed i suoi.

L’albergo, però, era super sorvegliato dalle guardie di Vancovar, quindi i vari colloqui avvennero in un cllima di massima segretezza.

Attorno ad un tavolo, Nicola e Vancovar dialogarono.

Vancovar: “Siamo qua Nicola, per quello che sarà la nostra prima riunione ufficiale! Da oggi tu hai una responsabilità enorme, perché sarai l’unico vero rappresentante terrestre con cui io arriverò a patti. Sei pronto per questa missione?”

Nicola: “Si! Vancovar! Abbiamo creato una società, che sarà a sua volta la rampa di lancio per la creazione di un partito per poi andare a comandare il mio stato.”

Vancovar: “Se perderai, io non risparmierò l’Italia. Hai una unica change da giocarti. Sono qui per diventare il padrone del mondo intero e non di una parte sola. Ma ti lascio la possibilità di giocarti una vera partita per la sopravvivenza della tua libertà.”

Nicola: “Come ti ho detto noi siamo pronti.”

Vancovar: “Mi hai detto che ti servono soldi per provarci. Quanti ne vuoi?” Nicola: “20 milioni di euro al mese.”

Vancovar: “Hai intenzione di giocare sporco?”

Nicola: “Andare a capo di una nazione non è uno scherzo, la posta in gioco è molto alta.” Vancovar: “Pensaci tu, a me i soldi non servono, come non serviranno alla nuova Libia, te ne do quanti vuoi.”

Nicola: “Ok!”

Vancovar: “Guarda però, che se mi giri le spalle sarò implacabile.”

Nicola: “”Voglio essere libero, io e la mia gente, so bene che non devo fare passi falsi con te.” Vancovar: “Mi raccomando.”

Nicola: “Dove sono i documenti da firmare?” Vancovar: “Eccoli qua.”

Nicola firmò, e Vancovar diede ordine di avviare per procedure per spostare una prima trance di soldi nel conto corrente della società di Nicola.

Formalmente, la società di Nicola avrebbe fornito consulenza di vario tipo al governo Libico, in realtà era solo un contratto fantoccio, per giustificare al mondo le somme di denaro che la Libia avrebbe versato alla società di Nicola.

Nicola: “Anche se ho visto poco, la Libia sta cambiando. Prosegui su questa strada e vedrai che conquisterai un mondo migliore di come lo hai trovato al tuo arrivo.”

Vancovar: “Gli americani sono dei bastardi di prima categoria, so che stanno cercando di fare tutto in loro possesso per far entrare in Libia le loro spie. Se mi rompono troppo le scatole saranno puniti severamente.”