Scritto interamente da Zorzella Fernando
Presentato a puntate qui su face book.
Tutto nel romanzo è inventato e frutto di fantasia.
DIVIETO ASSOLUTO DI COPIARLO O RIPRODURLO
TESTO:
6° PUNTATA
Nicola con un binocolo scrutò l’orizzonte, cercando di vedere se si notava qualche cosa.
La loro sete di capire, venne subito placata, perché a circa 3 chilometri, da dietro una duna si alzò in volo un aereo simile, nelle forme ad una grande aquila. Grande come 3 Jet privati.
Era silenziosissimo, non si sentiva neanche.
Si vedeva solo avvicinarsi lentamente, cosa che fece terrorizzare tutti.
Paola e Tiziana si abbracciarono e si avvicinarono al Dott Gambini che si era tolto perfino gli occhiali perché non credeva a tutto quello che vedeva.
Mirko si avvicinò di più al suo Capo, Nicola, e gli appoggiò una mano sulla spalla in segno di forza e conforto.
Nicola lo guardò con il fare di chi dice: “e ora che si fa?”
Il velivolo atterrò a 100 metri di distanza da loro senza muovere neanche un granellino di sabbia, e ripeto senza far rumore.
Dopo un due minuti, che passarono come se fosse un’eternità, si apri un portellone, sito da un lato del velivolo, e ne uscirono 6 persone vestite da soldati.
La divisa era blu elettrico, come quella dei meccanici come fattezze, ma di un tessuto che appariva molto più robusto.
Avevano un bustino rigido di colore nero, simile ai nostri giubbotti antiproiettili, ma più vestibile e confortevole.
Erano armati.
Arrivati davanti ai nostri, uno di loro che sembrava essere il capo si avvicinò.
Era biondo, con i capelli boccoluti lunghi fino alle spalle, e con gli occhi neri come il carbone, alto un metro e novanta centimetri.
Esteticamente era bello, cosa che non sfuggì a Paola e Tiziana che lo commentarono sottovoce. Lui e Nicola si scrutarono a lungo senza parlare.
Nicola da subito aveva avuto paura, ma ora che si trovava davanti ad un essere dalle fattezze umane, prese coraggio e rimase in silenzio attendendo che l’essere prendesse per primo la parola.
L’essere vedendo che Nicola, non parlava e più passava il tempo aumentava la sua forza interiore, mettendo da parte la paura, decise di parlare per primo.
Si chiamava Vancovar.
Vancovar: “Soldati deponete le armi per piacere.” Le guardi richiusero le armi nelle fondine.
Vancovar: “Mi chiamo Vancovar e sono il comandante in capo della missione proveniente da Nibirù.”
Nicola: “Io sono Nicola, direttore del centro ricerche segnali extraterrestri di Enna.”
Vancovar: “Speravo di incontrare il capo dei Sapiens.”
Nicola: “Sono un direttore, e comunque noi non abbiamo un capo supremo ma molti capi che ci governano. Le cose sono molto cambiate da quando ve ne siete andati.”
Vancovar: “Tu ci conosci?”
Nicola: “So quello che c’è scritto nelle piramidi e so quello che raccontarono i profeti di voi.” Vancovar: “Sai allora che potrei essere venuto per riprendermi ciò che è mio.”
Nicola: “Vostro, direi, visto che potreste essere in molti.”
Vancovar: “Ok vostro allora! Perché hai accettato questo appuntamento se non sei un capo supremo? Hai comunicato il mio messaggio a tutti le genti?”
Nicola: “Io non comunico il tuo messaggio a nessuno!”
Vancovar: “Lascerai che mi prenda il tuo mondo?”
Nicola: “Perché non hai detto che arrivavi a chi vi conosce già sulla terra, visto che sappiamo tutti e due che non è la prima volta che venite da quqeste parti?”
Vancovar: “Come puoi pensare che noi abbiamo contatti con voi?”
Nicola: “Lo so! So che parlate con organizzazzioni segrete che comandano i vari stati! So che vi passate le informazioni e voi continuate a fornire a noi conoscenza e supporto. Perché non li hai avvisati? Perché hai avvisato me? Perché hai mandato un messaggio al nostro centro e poi fai finta che ti aspettassi chissà chi?”
Vancovar: “Non parliamo più con loro da molti anni! Con quelli che tu dici essere a capo di organizzazioni segrete. Non parliamo più da quando hanno iniziato ad utilizzare le informazioni che fornivamo loro, per costruire armi per distruggervi e per preparare a distruggere noi.”
Nicola: “Siamo in grado di distruggervi, allora?”
Vancovar: “No assolutamente, perché non vi abbiamo passato tutto e abbiamo ucciso tutti coloro che di noi, cercavano di aiutare voi.”
Nicola: “Perché allora hai voluto incontrarci?”
Vancovar: “Per capire se avevate intenzione di deporre le armi e accettavate un’invasione pacifica.”
Nicola: “Ma come fai a pensare che io possa fare ciò? Quando hai intenzione di invaderci?”
Vancovar: “Domani in vari punti dell’atmosfera entreranno le astronavi con gli eserciti d’assalto.”
Nicola: “Perché, secondo te, pur conoscendo la vostra esistenza, i vostri contatti terrestri, non sono qui in massa ad aspettarvi visto che ho fornito loro le coordinate dell’incontro?”
Vancovar: “Perché la gente che hai informato è così stupida che pur avendo davanti dati concreti non vi credono e chi ha parlato con noi per anni non sanno delle nostre intenzioni. Tutti i nostri veicolo sono invisibili ai vostri radar possiamo muoverci come vogliamo, finche non c’è un vero contatto visivo.”
Nicola: “E’ per quello che siete qui nel deserto?”
Vancovar: “Certo, siamo atterrati di notte e abbiamo coperto l’astronave di sabbia con dei potenti aspiratori.”
Nicola: “Scusa l’ignoranza, ma se domani volete entrare nell’atmosfera, come se foste la carica della fanteria rusticana, creerete caos e distruzione tra la gente, il mondo si rivolterà e le conclusioni saranno a vostro sfavore.”
Vancovar: “Sederemo qualunque violenza contro di noi con la forza.”
Nicola: “Certo, sederete tutte le violenze, vi scontrerete con la gente e con gli eserciti terrestri, inizieranno una serie di bombardamenti e combattimenti aerei e terrestri che porteranno a ridurre la terra ad un cumulo di macerie invivibile! ……. Bravi! Bel progetto che avete in mente!”
Vancovar: “Io ho spedito a te il messaggio, sperando che a te tutto il mondo e chi lo comanda desse ascolto. Io ho parlato chiaro, se vi arredente e deponete le armi non succederà niente a nessuno.”
Nicola: “Ma la prima volta, non eravate arrivate per insegnare ed istruirci? Non avete avuto bisogno di armi o di distruggerci.”
Vancovar: “Siamo qui anche ora con quell’intento, ma non abbiamo più il controllo sui vostri capi. Non siamo più così influenti e come ho detto vi siete preparati a combattere con le armi e noi del resto non staremo fermi a guardarvi.”
Nicola: “Cosa vi interessa esattamente adesso, di più di prima, per giustificare un desiderio così forte per possedere questo pianeta?”
Vancovar: “Ci interessa che non lo distruggiate voi con il vostro modo di fare.”
Nicola rimase in silenzio, non sapeva più che dire, abbassò lo sguardo perché effettivamente aveva esaurito ogni parola.
Cosa dire ad una forza extraterrestre che partita da una galassia chissà dove era venuta li con tutto l’intento per invadere il mondo.
Vancovar, vedendo che Nicola se ne stava in silenzio disse.
Vancovar: “Io vedo in te e nei tuoi amici, lo sguardo di chi è buono e nel giusto. Domani entreremo nell’atmosfera, voi rimanete confinati dentro il vostro centro e portateci all’interno tutte le persone che ritenete importanti per voi e noi non vi faremo niente, ne domani ne mai.”
A questo punto Vancovar, si girò e se ne andò a passo svelto verso l’astronave.
Nicola, lo guardò e prese ancora coraggio, lo rincorse, lo prese per la spalla e lo fece girare in modo da averlo davanti agli occhi, e disse: “No! No Vancovar, una soluzione c’è! C’è una soluzione che salva capra e cavoli.”
Vancovar: “Spero che non sia le solite soluzioni che trovavano i sapiens che collaboravano con noi e poi facevano il doppio gioco.”
Nicola: “No!”
Vancovar: “Allora dimmi.”
Nicola: “L’idea di invadere il mondo come volete fare voi è un’idea che solo degli idioti potrebbero pensare, ma se invece vi interfacciaste a noi, mischiandovi con noi, diventando sempre più un tutt’uno con noi potreste veramente diventare fondamentali.”
Vancovar: “Continua ti ascolto.”
Nicola: “Qui dove siete atterrati siamo in Libia. Uno stato, una nazione che è al tracollo sociale, civile, militare, è allo sbando totale. Se voi vi mischiaste a loro, se riusciste a diventare voi i capi della Libia, con i tesori che ci sono sotto questa terra, potreste diventare fondamentali per il mondo.”
Vancovar: “A noi le ricchezze del sottosuolo non interessano.”
Nicola: “Ma alla gente che abita questo mondo si. In più, potreste utilizzare la vostra tecnologia per rendere ancora migliore il mondo. Facendo così diventereste sempre più fondamentali.”
Vancovar guardò Nicola, compiaciuto.
Attese qualche secondo e poi fece un sorriso di gradimento, aggiungendo: “C’è un piccolo problema in tutto questo.”
Nicola: “Quale! Dimmi quale problema ci può essere perché trovo veramente difficile che un popolo di pazzi scatenati come voi, venga qui e abbia problemi.”
Vancovar: “Noi per vivere bene sulla terra ci serve che il nostro organismo produca una sostanza che non riusciamo a fare se non abbiamo nel nostro sangue un pezzo di Dna che voi avete.” Nicola: “Prenditelo da me. Subito anche subito! Cosa ti serve, il sangue la pelle? Cosa?”
Vancovar: “Mi serve un ovulo di una donna sapiens.”
Nicola: “Prenditi quella che vuoi. La Libia è piena di donne, ne rapite una e vi prendete quello che vi serve.”
Vancovar: “No! Voglio che mi dimostri che ti fidi di me cecamente. Ti do una settimana di tempo. Tu convinci una delle tue due amiche a seguirmi nell’astronave per eseguire il prelievo dell’ovulo e farò quello che dici.”
Nicola: "Sull'astronave?"
Vancovar: “Si! Verrai tu e lei. Fatto il prelievo vi riporteremo a casa.”
Nicola: “Non so cosa dire.”
Vancovar si girò e se ne andò verso la navicella, ripetendo a voce alta che gli avrebbe concesso una settimana sola.
Nicola: “Come farò a darti la risposta.”
Vancovar: “Verrò io con una navicella al Centro di Enna e me la dirai di persona.” Nicola rimase impietrito ed assieme agli altri attese che la navicella si alzasse in volo e scomparisse all’orizzonte.
Dopo poco salirono sull’elicottero e tornarono velocemente a casa.